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#16 del 09-06-2001

TXT: Cembro  

anonimous“Mi dice il suo nome?”
“No, preferirei rimanere anonimo.”
Di tutte le persone che chiamano la polizia per avvertire qualcosa, “anonimo” è quello che chiama un po’ più spesso. Oppure di quelli che chiamano un giornale, è sempre lui in cima alla lista. Oppure tra quelle che mandano lettere a una rivista o che inseriscono messaggi in internet, questo “anonimo” è quello che si sbatte più di tutti. E’ quello che ha scritto più versi poetici e brani letterari. E nessuno sa nemmeno che faccia ha! Non ha neanche un recapito, una casa o una pensione! Povero anonimo. Disprezzato da alcuni, elogiato da altri.

Di tutte le forme di comunicazione inventate da quel genio pazzo che risponde al nome di essere umano, i messaggi anonimi sono la manifestazione più stramba e bizzarra, a pensarci. Nati con la nascita del linguaggio (parlato e scritto), essi hanno accompagnato i nostri avi per lunghe generazioni e ancora non ci hanno abbandonato, e non credo lo faranno a breve scadenza. Necessità, negligenza, paura, menefreghismo, codardia; le cause sono veramente molteplici, ma tutte riconducono ad un solo grande bisogno: poter agire o esprimersi senza essere riconosciuti, con tutti i vantaggi che se ne traggono. Pensate se l’anonima sequestri si chiamasse “Mario Rossi e Giovanni Bianchi Sequestri S.p.a.”: non credo durerebbe molto dopo il primo sequestro…oppure se tra di voi c’è qualcuno che per saltare il compito di matematica ha chiamato a scuola dicendo che c’era una bomba, non credo l’abbia fatto dicendo “sono l’alunno tal dei tali, ieri non avevo niente da fare e ho messo una bomba sotto al cesso delle bidelle”.

Pur essendo già abituati a convivere con questo genere di comunicazione, l’esplosione del World Wild Web ci ha steso davanti un’autostrada a sette corsie di percorribilissimo anonimato, e di
macchine della polizia a bordo strada che chiedono i documenti se ne vedono ben poche, almeno fin’ora. Ma prima di poter capire come regolare questo selvaggio condividere informazioni è necessario capire quali siano i suoi effetti positivi e negativi. Il lato buono e piuttosto democratico, mi sembra, è che tramite l’anonimato una persona può ingaggiare una comunicazione con altre senza mettere a rischio nessun aspetto della propria identità, sia fisica che spirituale. Il lato penoso, quello che mette in agitazione tante persone, è l’impossibilità di riconoscere e quindi perseguire in termini di legge una persona che ha infamato e, in pratica, non esiste (questa sembra sia la causa apparente di quella famosa legge sull’editoria on-line
approvata di recente, che vieta la pubblicazione di materiale che potrebbe essere anonimo, infamante e molto pericoloso per persone in vista). Furbo, questo anonimo.

E qui c’è un bivio: prendete la strada irta dell’essere riconosciuti o scegliete quella in discesa e marmorea dell’anonimato? “Mah, sinceramente io prenderei la strada di mezzo”. E infatti c’è un’altra situazione, che controbilancia le due soluzioni precedenti: lo pseudonimo. John Smythe, Futura2000, Brigate Rosse, Moebius e cos’ via. Sono talmente tante le persone che si sono scelti un nome inventato che per fare una lista ci vorrebbero anni. Disse Tomamso Tozzi nel lontano ’95: “L'uso degli pseudonimi ci pare essere l'unico attuale elemento di garanzia "certa" della privacy di un utente (in ogni caso l'uso di reti telefoniche digitali da la possibilita' "tecnica" di individuare con certezza la provenienza della chiamata di un utente, elemento la cui
messa in opera vorremmo fosse affrontato sia dal lato tecnico che giuridico per valutarne la tutela della privacy).

Quella dello pseudonimo e' una garanzia almeno riguardo al file del log delle bbs; file che se commercializzato puo' tuttavia diventare una forma statistica contraria ai piu' elementari principi della democrazia (tra l'altro da vari anni operano nel mondo ditte specializzate nella
vendita di database elettronici).”

E’ quindi ancora in alto mare una possibile regolamentazione di questo fenomeno che è assolutamente genuino e spontaneo, ma che a volte può provocare non pochi problemi. Sto cercando ancora di immaginare che faccia ha “Mr. Anonimo”: è biondo o bruno? E’ maschio o femmina? E’ tunisino o coreano? Ha i pantaloni a zuava o una tunica bianca? Io direi un miscuglio di tutti, con un pizzico di anonimato in più.

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